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La chiamavano piorrea, ma cos’è la parodontite?

La malattia parodontale viene chiamata anche piorrea, paradontite, parodontosi, periodontite, parodontite, parodontopatia. A livello terminologico c’è una certa confusione.

E può generare smarrimento in chi non è uno specialista.


I nomi corretti della piorrea sono: 
malattia parodontale, 
parodontite e parodontopatia.

Molte persone sono preoccupate di soffrire di questa malattia, perché temono di perdere i denti. Fortunatamente non è così.

La parodontite è una malattia infiammatoria causata dalla placca batterica che, in soggetti geneticamente predisposti, colpisce i tessuti di supporto del dente:

  • legamento parodontale,
  • osso e
  • gengiva.

Se trascurata o non diagnosticata, come conseguenza estrema, può portare alla caduta dei denti.

La parodontite è provocata del progressivo riassorbimento osseo e, generalmente, si manifesta in età adulta e avanzata. In forme meno diffuse, può riguardare anche bambini e adolescenti.

20.000 di italiani presentano i sintomi di gengivite, 8.000.000 soffrono di una parodontite grave e 3.000.000 rischiano di perdere i denti a causa di questa malattia.

Da un’indagine demoscopica commissionata dalla SIdP (Società italiana di parodontologia) è emerso quanto segue:

  • Il 40% della popolazione non si rivolge al dentista per i disturbi gengivali.
  • Il 16% delle persone che hanno sofferto di problemi gengivali, dichiara di avere ancora disturbi alle gengive e tale percentuale sale al 20% tra coloro che non si sono rivolti all’odontoiatra;
  • Tra i pazienti che si sono rivolti all’odontoiatra solo nel 9% dei casi è stata diagnosticata una parodontite.

Troppi credono che avere gengive sanguinanti sia normale o che non ci si possa fare niente

Maurizio Tognetti, presidente SIdP

Quali sono i fattori di rischio della parodontopatia?

I fattori di rischio si suddividono in cause, che hanno una correlazione diretta con la malattia, e concause, che hanno una correlazione indiretta con la malattia. Ecco quali sono cause e concause.

La placca batterica

L’assente o scarsa igiene orale contribuisce alla formazione di placca e tartaro e al conseguente processo infiammatorio.

Su un solo dente possono trovarsi anche 1.000.000.000 di batteri: dopo 4 ore dal pasto, se non ci si lava correttamente i denti, la placca batterica si moltiplica e da un grammo di germi, pari a circa 100.000 microrganismi, si decuplica creando un “film” che facilita la comparsa di carie e l’infiammazione delle gengive.

Tra le migliaia di batteri conosciuti, ci sono 11 famiglie di microorganismi.

Se colonizzano i solchi gengivali di soggetti geneticamente predisposti, provocano un’importante reazione infiammatoria.

Se non curata correttamente, porta alla distruzione del legamento parodontale e al riassorbimento osseo.

L’insorgenza e lo sviluppo della malattia sono dovuti principalmente alla presenza, nel cavo orale, di un’importante e varia flora batterica. Questa può essere in forma libera oppure aderire alle strutture dentarie. In quest’ultimo caso prende il nome di placca batterica.

Se non viene rimossa entro 8 ore, comincia a mineralizzarsi e si trasforma in tartaro, che può essere rimosso solo con l’igiene orale professionale. Per questo bisogna spazzolarsi i denti almeno 2 volte al giorno, per evitare che la placca si mineralizzi e non sia più rimovibile dallo spazzolino.

Ma questi batteri patogeni non sono l’unico fattore coinvolto nell’insorgenza della parodontite. Di seguito alcuni dei fattori che spesso incidono.

Predisposizione genetica

Studi effettuati su gemelli omozigoti, hanno evidenziato che l’ereditarietà gioca un ruolo importante in almeno la metà dei pazienti affetti da malattia parodontale.

I fattori ereditari interessati sono solitamente difetti minori della risposta immunitaria e contribuiscono a spiegare perché i figli di genitori affetti dalla malattia, sono 12 volte più a rischio di essere sensibili all’azione di batteri parododontopatogeni. Perché i batteri responsabili si trasmettono per via orale.

Per questo motivo, l’American Academy of Periodontology raccomanda di sottoporre a visita parodontale accurata tutti i membri della famiglia. Soprattutto se uno di loro è affetto dalla malattia.

Concause della parodontite

Co-fattori locali sono:

  • affollamenti e dislocazioni dentarie,
  • malocclusioni,
  • restauri incongrui e
  • sovracontornati.

Co-fattori generali sono:

  • fumo,
  • stress,
  • malattie sistemiche,
  • diabete e
  • farmaci.

Tra i co-fattori che più aumentano il rischio di contrarre la parodontite, c’è il tabagismo.

Nei fumatori sono state osservate maggiori profondità dei sondaggi, con un profilo microbiologico caratterizzato prevalentemente da forme parodontopatogene.

Per di più il fumo influenza negativamente la risposta alle diverse terapie.

Un motivo in più, per smettere di fumare.

I sintomi della parodontite

Questa malattia può essere asintomatica (non presentare sintomi) per un lungo periodo e, nella maggior parte dei casi, ci vogliono anni prima che porti alla perdita dei denti. Solo poche persone sono vittime di una progressione più rapida: solitamente sono predisposte geneticamente oppure sono forti fumatori.

Nello svilupparsi della malattia, i sintomi della parodontite sono di facile autodiagnosi.

PICCOLE MACCHIE DI SANGUE

È facile vederle sul cuscino o sulle setole dello spazzolino.

GENGIVE GONFIE

Possono dare un senso di prurito, espellere del pus o sanguinare quando si mangia.

ALITOSI

Anche dopo una pulizia accurata, persiste un odore sgradevole.

DENTI CHE SI MUOVONO

Creazione di spazi tra i denti e difficoltà a masticare.

IPERSENSIBILITÀ

Ai cibi caldi e/o freddi, accompagnata da ascessi e recessioni gengivali.

L’importanza della pulizia dei denti.

Parodontologi, igienisti dentali e ricercatori, concordano nel ritenere che in una bocca sana e pulita, la parodontite non possa insorgere.

La prevenzione della parodontopatia è comune a quella per la carie: utilizzare in modo corretto uno spazzolino in buone condizioni due o tre volte al giorno, il filo interdentale e/o gli scovolini.

Sono molto utili anche i rivelatori di placca da usare dopo aver lavato i denti, per verificare l’efficacia dell’igiene appena eseguita.

Se l’igiene orale non è corretta e costante, la placca diventa tartaro mettendo a rischio la salute orale del paziente. Per questo è fondamentale, durante l’igiene orale professionale, istruire, motivare e responsabilizzare il paziente alla pulizia degli spazi interdentali.

Nonostante l’assenza di dolore, è importante non sottovalutare anche la minima infiammazione gengivale e, periodicamente, farsi visitare da un parodontologo.

La diagnosi

Diagnosticare la parodontite è piuttosto semplice, ma dev’essere fatto da un dentista specializzato in parodontologia.

Ecco i 3 strumenti principali che utilizziamo in Oralee.

Status 21

A differenza della normale radiografia, con lo Status 21 i denti vengono radiografati singolarmente e da diversi punti d’osservazione. Così analizziamo l’anatomia del singolo dente, la lunghezza dei canali, la forma e il numero delle radici, ma soprattutto l’altezza dell’osso e l’evetuale presenza di tasche parodontali.

Test della predisposizione alla malattia parodontale

L’obiettivo è intercettare le lesioni quando sono in uno stadio iniziale, così da monitorare l’evolversi della malattia. Con un tampone si preleva una campione di saliva per cercare l’interleuchina 1alfa, associata alle lesioni parodontali.

Il sondaggio parodontale

Si fa scorrere una piccola sonda tra dente e gengiva per verificare la profondità del solco gengivale, ovvero l’eventuale perdita di tessuti attorno ai denti.

Se le gengive sono sane, la profondità varia da 1 a 3 millimetri. Valori superiori segnalano una probabilità elevata di avere la parodontite.

Questa procedura, che non è per niente invasiva, prende il nome di sondaggio parodontale.

Durante il sondaggio si valutano:

  • la profondità di eventuali tasche parodontali,
  • l’estensione delle recessioni gengivali,
  • le lesioni eventuali delle forcazioni (il punto di origine delle radici nei denti posteriori),
  • il sanguinamento al sondaggio,
  • la presenza di tartaro o restauri debordanti,
  • la mobilità dei denti.

La cura della parodontite

Le moderne tecniche di cura si possono schematizzare in 3 fasi. 

Fase igienica

In cui il paziente deve imparare a controllare perfettamente la placca batterica grazie ad insegnamenti personalizzati, mentre l’igienista deve eliminare la placca ed il tartaro che si sono accumulati sulla superficie dei denti, sopra e sotto gengiva.

Fase correttiva (se necessaria)

In cui il parodontologo va a correggere i danni causati dalla malattia parodontale. Qui si può spaziare dalla chirurgia rigenerativa (che mira a ricostruire il tessuto perso) alla chirurgia resettiva (che tende ad eliminare i difetti ossei ripristinando in modo mantenibile nel tempo il corretto profilo osseo–gengivale fino alla chirurgia plastica mucogengivale (che mira a ricostruire i tessuti gengivali persi oppure a ridare al sorriso una corretta armonia gengivale).

Terapia parodontale di supporto (TPS)

È una procedura personalizzata che mira a conservare nel tempo lo stato di salute raggiunto con le 2 fasi precedenti e richiede una stretta collaborazione tra il paziente ed il personale medico e paramedico della clinica odontoiatrica.

Più in generale, le recessioni gengivali possono rappresentare un grave problema estetico quando interessano i settori anteriori e talvolta sono accompagnate da ipersensibilità dentale o da dolore allo spazzolamento.

Questi problemi possono essere risolti simultaneamente ricorrendo alla chirurgia plastica muco gengivale, che consente la ricostruzione gengivale così da poter ricoprire le radici scoperte.

Conclusione

Chi soffre di parodontite non dovrebbe farsi terrorizzare dall’idea di perdere i denti, ma essere consapevole che una diagnosi precoce, un impegno quotidiano nel tenere pulita la bocca e uno site di vita sano, possono scongiurare il rischio di eduntelia per decenni.